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È legale cancellare i dati nel PC aziendale?
La Cassazione Civile sezione lavoro ha stabilito con la sentenza n. 33809/2021 che se un dipendente cancella dal pc aziendale dati e files di proprietà dell’azienda commette illecito disciplinare. Inoltre commette il reato ex art. 635 bis c.p. cioè la fattispecie del danneggiamento. E questo, attenzione, anche se alla fine l’azienda quei dati potesse recuperarli, magari tramite una attività tecnica complessa e costosa.
Per cui la prima risposta è no, non si possono cancellare i dati e i files contenuti nei pc di una azienda.
Cerchiamo però di capire meglio come stanno le cose in questo ambito. Continua a leggere!
Il datore può usare contro il dipendente i dati nel pc?
L’azienda datrice di lavoro può comunque sempre usare in giudizio contro il dipendente i dati rinvenuti nel pc che gli aveva assegnato in uso. Parliamo anche dei dati personali e riservati, magari acquisiti fortuitamente durante l’attività di recupero dei dati cancellati o persi.
Infatti il pc aziendale anche se assegnato in uso ad un dipendente rimane proprietà del datore di lavoro ed è paragonabile ad uno spazio aziendale a tutti gli effetti. L’azienda ha sempre diritto di riparare o ripristinare un proprio bene, e se nel bene in esame sono custoditi dati del lavoratore, è naturale che l’azienda ne verrà a conoscenza.
È quindi il caso di prestare particolare attenzione a cosa si fa col pc aziendale!
Il caso studio
Nel caso in esame, un dipendente al termine del rapporto lavorativo aveva restituito il pc aziendale con l’hard disk cancellato.
L’azienda, dovendo recuperare i dati, affidava il pc ad un perito informatico che durante l’attività di recupero scopriva delle conversazioni scritte intrattenute dall’ex dirigente su un account Skype personale, utilizzato anche durante il lavoro.
Da tali conversazioni l’azienda scopriva tutta una serie di attività dell’ex dipendente in concorrenza con il datore di lavoro, in violazione dei doveri di fedeltà, correttezza e non concorrenza del lavoratore.
La società utilizzava tali elementi per chiedere i danni all’ex dipendente, che si difendeva sostenendo che l’azienda non poteva utilizzare contro di lui quei dati “personali” acquisiti fortuitamente.
La sentenza della Cassazione
La Suprema Corte, allora, con la sentenza citata all’inizio dell’articolo, ha confermato che i dati personali del lavoratore sono utilizzabili in giudizio da parte dell’azienda datrice, se vengono trattati nel rispetto dei principi di correttezza, pertinenza e non eccedenza ribaditi dal GDPR. Come noto, la normativa citata impone una serie di limiti e cautele nel trattamento dei dati altrui. I principi di correttezza, pertinenza e non eccedenza impongono a chi tratta dati di utilizzarli rispettando le tutele tecniche per garantire la protezione dei dati, e di usarli nella misura strettamente necessaria allo scopo.
La regola
In sostanza il succo della sentenza della Cassazione è il seguente. Il diritto di difesa in giudizio prevale sempre sul diritto alla riservatezza dei dati, e nel caso i dati riservati siano necessari alla difesa si può prescindere dal consenso del proprietario per il loro utilizzo, a condizione però che i dati siano trattati nella maniera strettamente indispensabile alla tutela in giudizio di un diritto e solo per il tempo strettamente a ciò necessario. Questo significa che ad esempio l’azienda non potrebbe pubblicare quelle conversazioni su un social, o fornirle a terzi (magari, un successivo datore di lavoro) e nemmeno mostrarle agli ex colleghi, perchè quello non sarebbe un trattamento conforme al GDPR. Ma certamente li può utilizzare nella causa contro l’ex dipendente ad esempio, come nel caso in esame, per provare l’infedeltà dell’ex dipendente.
A cosa prestare attenzione?
Bisogna quindi prestare particolare attenzione, se si è dipendenti, a come si usa il pc aziendale e a cosa ci si salva all’interno. Evitiamo di salvarci dati personali e intrattenerci conversazioni o chat private.
Dal punto di vista aziendale, invece, si tenga presente che i dati del lavoratore all’interno del pc aziendale sono utilizzabili contro di lui, ma solo nei limiti in cui questo sia strettamente necessario. Diversamente, si integra un abuso che può comportare pesanti responsabilità amministrative (sanzioni dell’Autorità Garante), penale e anche l’impossibilità di utilizzare i dati in un eventuale giudizio.
Come regolarsi in concreto nell’uso dei dati?
Assolutamente sempre meglio rivolgersi ad un esperto. Nel caso di un rapporto lavorativo, in essere o concluso, ci si deve rivolgere ad un esperto perchè un errore di gestione potrebbe pregiudicare irrimediabilmente le proprie ragioni. L’esperto in questo caso è l’avvocato giuslavorista, cioè l’avvocato che tratta con competenza e padronanza la materia del diritto del lavoro. Se vuoi puoi approfondire in questo articolo la figura dell’avvocato giuslavorista.
Lo Studio Daneluzzi tratta di diritto del lavoro?
Certamente SÌ. L’avv. Chiara Daneluzzi è avvocato giuslavorista e tratta cause e controversie di lavoro sin dal 1999. È membro del direttivo veneto di Avvocati Giuslavoristi Italiani (AGI) dal 2022, la più rappresentativa associazione specialistica del diritto del lavoro, che la certifica come avvocato del lavoro esperto.
Grazie all’esperienza maturata in molte cause di successo, lo Studio può offrirvi sia consulenza che assistervi in giudizio e patrocina ricorsi avanti TAR e Consiglio di Stato, essendo l’avv. Daneluzzi anche Cassazionista.
Potete rivolgervi con totale fiducia allo Studio nelle sedi di Treviso, Venezia e Pordenone oppure, in prima istanza, da remoto.
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