Del principio di efficacia nell’azione amministrativa si sente spesso parlare, e soprattutto in chiave negativa: amministrazione inefficace, azione amministrativa inefficace, inefficienza della PA…
Ma cosa significano queste espressioni? Oggi proviamo a chiarire insieme questo importante concetto.
Tempo di lettura: 6 minuti
Nell’articolo
- Cosa si intende con principio di efficacia
- La fonte giuridica del principio di efficacia
- Perché il principio di efficacia è importante
- Qualche esempio pratico del principio di efficacia
- Come far valere la carenza di efficacia di un provvedimento amministrativo
- Come ottenere tutela
- E se l’amministrazione non obbedisce alla sentenza?
- A chi rivolgersi per ottenere tutela?
Cosa si intende con principio di efficacia
Innanzitutto, con principio si intende un “paletto”, un riferimento che guida l’azione amministrativa.
Ricordiamo che la pubblica amministrazione è l’attività di governo e gestione delle risorse pubbliche per realizzare gli interessi generali. La legge pone dei requisiti che l’azione amministrativa deve rispettare, altrimenti non è legittima.
Ecco: il principio di efficacia è uno di questi requisiti generali che l’amministrazione pubblica deve rispettare
Il principio di efficacia indica concretamente l’idoneità dell’azione amministrativa a realizzare l’interesse pubblico perseguito.
La fonte giuridica del principio di efficacia
La fonte giuridica del principio di efficacia è l’art. 1 comma 1 della L. 241/1990
Questa legge, e soprattutto questo primo articolo, è la “Bibbia” del diritto amministrativo, perchè fornisce le regole generali dell’azione amministrativa. Se l’azione amministrativa le rispetta, è legittima. Se invece non le rispetta, è illegittima. Questo ha tutta una serie di ricadute sui provvedimenti della pubblica amministrazione, che proviamo a spiegare di seguito.
Perché il principio di efficacia è importante
Come dicevamo sopra, l’efficacia indica l‘idoneità dell’azione amministrativa a realizzare l’interesse pubblico perseguito. Ogni azione amministrativa, ogni provvedimento, implica la spendita di risorse pubbliche, che servono appunto a realizzare e curare gli interessi pubblici: la salute, l’istruzione, l’abitazione, la difesa, eccetera.
Se spendiamo risorse, ma non raggiungiamo lo scopo, quell’azione amministrativa è inefficace.
Se è inefficace, viola la legge (art. 1 comma 1 L. 241/1990), è cioè illegittima. Ecco l’importanza del principio di efficacia.
Qualche esempio pratico del principio di efficacia
Facciamo qualche esempio di applicazione concreta del principio di efficacia. Se un ministero stanzia una certa somma di denaro pubblico per effettuare un concorso per assumere 500 giudici (che servono per velocizzare la Giustizia), e alla fine invece di giudici riesce ad assumerne solo 250, ma avendo comunque speso il budget, quell’azione amministrativa non sarà efficace, perchè non abbiamo raggiunto lo scopo (i 500 giudici), e però le risorse le abbiamo spese tutte.
Ci possono però essere dei casi speciali di inefficacia – cioè di provvedimento che non è efficace – e sono stabiliti direttamente da specifiche norme.
Ad esempio, l’art. 12 del cd. Decreto semplificazioni del 2020, che ha aggiunto il comma 8-bis all’art. 2 della L. 241/1990.
Questa norma stabilisce l’inefficacia di certi provvedimenti se sono emessi dopo un certo termine. Sono cioè provvedimenti inutili, perchè arrivati tardi: in quanto tali, sono inefficaci.
Questo è però un caso speciale di inefficacia stabilito dalla legge, e vale solo per le tipologie di provvedimenti espressamente previsti.
In altri casi, il provvedimento ha bisogno di un ulteriore passaggio per produrre effetti (ad es. il visto di regolarità di un’altra amministrazione): se questo ulteriore atto manca, il primo provvedimento non può produrre i suoi effetti tipici. Un esempio lo troviamo all’art. 21-bis della L. 241/90, per i provvedimenti amministrativi imitativi della sfera giuridica dei privati.
Anche in questo caso, si parla di provvedimento inefficace, nel senso che non è in grado di produrre gli effetti per cui è stato disposto. Dunque non rispettoso del principio di efficacia.
Come far valere la carenza di efficacia di un provvedimento amministrativo
Se riteniamo che un provvedimento sia carente di efficacia, perchè non ha raggiunto lo scopo per cui è stato adottato, possiamo rivolgerci al giudice competente a conoscere dei vizi dei provvedimenti amministrativi, cioè il TAR, davanti al quale faremo valere la violazione del principio di efficacia del provvedimento in questione.
Il TAR ovvero il Tribunale Amministrativo Regionale, è preposto a conoscere dei vizi dei provvedimenti della pubblica amministrazione.
In molti casi, oltre ad annullare il provvedimento viziato da inefficacia, il TAR può anche riconoscere a chi ricorre un risarcimento dei danni, condannando l’amministrazione a risarcirli.
Come ottenere tutela
Se riteniamo che alcuni nostri interessi siano lesi o messi in pericolo da un provvedimento carente del requisito dell’efficacia, possiamo rivolgerci al TAR competente per territorio, e chiederne l’annullamento e/o un risarcimento del danno.
È importante ricordare però che nell’ambito del diritto amministrativo, ci sono termini molto stretti per impugnare: solitamente solo 60 giorni, salvo alcune eccezioni.
Se riteniamo di tutelarci, allora, dobbiamo muoverci molto velocemente e contattare l’avvocato che si occupa di questo genere di cause.
E se l’amministrazione non obbedisce alla sentenza?
Se la pubblica amministrazione, condannata a “fare” qualcosa (ad esempio, a riemettere corretto un provvedimento) non obbedisce spontaneamente, c’è modo di costringerla.
Lo strumento è un procedimento piuttosto rapido, che si chiama giudizio di ottemperanza, ex art 114 CPA (Codice del Processo Amministrativo, Dlgs. n. 104/2010). E in questo genere di procedure si può far nominare un commissario ad acta, che in pratica è un soggetto terzo che viene messo dal Tribunale ai comandi delle operazioni, e fa fare all’amministrazione quello che si rifiuta di fare.
Naturalmente, condannando l’amministrazione recalcitrante a pagare le ulteriori spese legali, e in alcuni casi anche i danni da ritardo nell’esecuzione.
A chi rivolgersi per ottenere tutela?
La figura professionale a cui rivolgersi in casi come questo è l’avvocato amministrativista, ne parliamo più approfonditamente in questo articolo.
Non tutti gli avvocati infatti sono esperti in questo particolare tipo di controversie, che si caratterizzano sia per un diritto sostanziale molto particolare e di nicchia, sia per un rito processuale tutto speciale.
Rivolgersi ad un legale generico o non esperto di diritto amministrativo può costare caro: molto facile lasciarsi sfuggire termini processuali o particolarità, e questo oltre a far perdere definitivamente la possibilità di ottenere tutela giudiziale, potrebbe comportare anche la condanna a sostenere le spese legali della controparte.
Lo Studio è abilitato a trattare diritto amministrativo?
Sicuramente SÌ. Lo Studio Legale Daneluzzi tratta da decenni di diritto amministrativo, ottenendo molti successi in materia.
L’avv. Chiara Daneluzzi è avvocato amministrativista sin dal 1999, tratta ed è esperto in controversie con la Pubblica Amministrazione ed è membro della prestigiosa Associazione Avvocati Amministrativisti. Lo Studio può offrire sia consulenza che assisterti in giudizio e patrocina ricorsi avanti TAR e Consiglio di Stato, essendo l’avv. Daneluzzi anche Cassazionista.
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