Segnaliamo una sentenza di una certa importanza ottenuta dallo Studio in una controversia lavorativa che ha visto contrapposto un lavoratore e una cooperativa subentrata in un appalto per un reiterato ritardo dello stipendio nel pagamento.
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In questo articolo
Il caso trattato dalla Studio
Una cooperativa subentrava ad un’altra nella gestione di un appalto pubblico.
Per il cambio veniva siglato uno specifico accordo sindacale tra la cooperativa uscente e i lavoratori.
L’accordo sindacale, come spesso accade, prevedeva per i dipendenti il mantenimento di tutte le condizioni economiche già in essere, incluse indennità e assegni ad personam. Si chiama “clausola sociale”.
Però un lavoratore, che in precedenza godeva di un trattamento personalizzato, non se lo vedeva più riconosciuto dalla cooperativa subentrante. Oltretutto, la cooperativa pagava anche sempre con forti ritardi.
A nulla servivano le richieste e le diffide e il lavoratore allora si rivolgeva al nostro studio per essere tutelato e ottenere un risarcimento per il ritardo dello stipendio.
Prevale l’inquadramento contrattuale, o il trattamento ad personam?
La cooperativa subentrata si difendeva affermando di dover applicare il trattamento tabellare da CCNL, secondo l’inquadramento del lavoratore.
Nello specifico, riteneva non dovute le voci indennità di reperibilità notturna ed indennità di funzione, rivendicate dal lavoratore, perché lo stesso effettivamente non svolgeva (più) le predette funzioni con la nuova cooperativa.
Questo studio invece ha sostenuto la spettanza anche delle suddette voci stipendiali, dovute perché già in godimento al dipendente al momento del subentro della cooperativa datrice di lavoro, e ricomprese espressamente nel verbale di accordo sindacale, sottoscritto anche dalla subentrante.
Il ritardo nel pagamento degli stipendi
Con il ricorso è stata anche avanzata la richiesta di risarcimento per i continui ritardi nel pagamento degli stipendi, che a volte durava anche uno o due mesi.
La tesi sostenuta dallo Studio è stata la seguente:
Il ritardo è inadempimento allo specifico obbligo di legge di pagare con puntualità le retribuzioni.
E anche di consegnare sempre i cedolini paga, altro obbligo spesso disatteso dalla cooperativa, o adempiuto con grave ritardo e sempre dietro molti solleciti.
La sentenza
Con sentenza pervenuta in tempi veramente velocissimi (meno di 6 mesi dal deposito del ricorso alla sentenza), il Giudice del Lavoro ha innanzitutto accertato e dichiarato il diritto del lavoratore a vedersi pagare anche le indennità che non gli sarebbero più spettate secondo l’inquadramento da CCNL, ma che erano in suo godimento all’atto del cambio di appalto.
Il Giudice ha inoltre condannato la cooperativa a pagare al dipendente tutti gli arretrati per le specifiche voci stipendiali.
La novità è che il Giudice ha stabilito che l’inadempimento della cooperativa all’obbligo di pagare puntualmente gli stipendi avesse carattere di gravità, condannandola quindi a risarcire il lavoratore con una somma liquidata in via equitativa in € 1000.
Lo precisiamo, tale somma è netta e non sconta tasse in quanto non ha natura retributiva ma indennitaria.
La sentenza ha infine condannato la cooperativa al pagamento delle spese legali sostenute dal lavoratore per la tutela dei propri diritti.
Risultati in breve tempo
Insomma in pochissimi mesi, il lavoratore:
- Ha recuperato tutte le somme arretrate.
- Ha ottenuto il ripristino definitivo delle indennità che la cooperativa non voleva pagare.
- Ha avuto il risarcimento del danno da ritardo nel pagamento degli stipendi.
- L’intera operazione non gli è costata un euro, perché le spese legali sono state poste a carico totale del datore di lavoro inadempiente.
Questi i risultati che si possono ottenere quando ci si rivolge all’esperto nel diritto del lavoro, che sa inquadrare correttamente la fattispecie e conosce quali azioni giudiziarie intraprendere per la tutela delle ragioni del cliente.
Alcuni miti da sfatare in materia di ritardo nei pagamenti…
Alcune credenze sono dure a morire: ad esempio, che l’azienda può pagare il TFR in 6 mesi, o di più. No: per legge, il diritto al pagamento del TFR sorge immediatamente al termine del rapporto di lavoro, a prescindere dal motivo per cui cessa. Non è vero che “l’azienda può pagarmi il TFR entro 6 mesi”. Non farti abbindolare da una regola che in realtà non esiste.
L’altro mito da sfatare è che ci vogliono almeno 3 stipendi non pagati, per poter dare le dimissioni per giusta causa e avere diritto alla NASPI. Non è così. Non esiste nessuna regola di questo tipo, e non lo prevede la legge.
Anche un solo stipendio in ritardo può giustificare le dimissioni con NASPI, ma vanno valutati alcuni elementi giuridici, che solo l’esperto può verificare.
A chi rivolgersi in caso di ritardo dello stipendio?
Questioni come quella appena descritta rientrano nella competenza dell’avvocato esperto nel diritto del lavoro, cioè il giuslavorista.
Se vuoi approfondire questa figura, Ti invitiamo a leggere questo articolo che tratta delle specializzazioni in ambito forense.
L’Avv. Chiara Daneluzzi tratta da oltre 22 anni la materia del diritto del lavoro, ed è membro dell’Associazione Avvocati Giuslavoristi Italiani, la associazione più rappresentativa degli avvocati esperti nel diritto del lavoro, nella quale si viene ammessi solo comprovando il possesso di specifici requisiti professionali e di esperienza nella materia.
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